- Come visitare Auschwitz e Birkenau
- Auschwitz I
– Arbeit macht frei - Auschwitz II – Birkenau
- Una fabbrica di morte
– Shoah - Galleria fotografica
Durante l’estate del 2016, insieme ad un amico con il quale faccio tappa anche a Varsavia e nella splendida Cracovia, riesco finalmente a realizzare un vecchio proposito, quello di vedere con i miei occhi i campi di concentramento di Auschwitz e Birkenau.
I campi di concentramento, costantemente visitati da turisti di ogni parte del mondo, sono una tappa imperdibile per chi passa da Cracovia, una bellissima città dove vale davvero la pena trascorrere almeno un weekend. Il suo centro storico, lo Stare Miasto, appartiene a pieno titolo alle liste dei Patrimoni dell’umanità dell’UNESCO, e tutti i suoi elementi storici, architettonici ed urbani la rendono un luogo sospeso nel tempo.
Penso che ogni essere umano debba avere l’opportunità di visitare un campo di concentramento nazista almeno una volta nella vita, poiché oltre ad essere una tappa fondamentale per comprendere in pieno alcuni tragici avvenimenti del XX secolo, sono luoghi che contrassegnano una delle pagine più brutte della storia dell’umanità.
Qui è avvenuto infatti uno dei più grandi massacri che l’essere umano abbia mai concepito e realizzato, e le guide dei tour non esiteranno a descrivere in ogni dettaglio la cruda realtà di come i prigionieri venivano raccolti, trattati e metodicamente eliminati.
Nonostante la grande affluenza di turisti e l’aspetto didattico museale ne abbiano in qualche modo sminuito l’aspetto cupo ed agghiacciante delle ambientazioni cinematografiche stile Schindler’s List, Auschwitz e Birkenau sono luoghi che lasciano immagini indelebili e segni profondi nello spirito di chi li visita.
Gli orrori perpetrati provocano un senso di smarrimento e profonda tristezza, e molti sono gli interrogativi che nascono spontanei.
Ma come scrive Primo Levi, scrittore e poeta italiano ebreo sopravvissuto ad un anno di prigionia tra queste mura:
“
Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario.
Come visitare Auschwitz e Birkenau
Il vasto complesso di campi di concentramento e di lavoro si trova nelle vicinanze di Oświęcim (in tedesco Auschwitz), una città della Polonia meridionale a circa 70 chilometri di distanza da Cracovia.
L’area originale includeva, oltre al campo primario di Auschwitz I ed il campo di sterminio di Birkenau (Auschwitz II), il campo di lavoro di Monowitz (Auschwitz III) e altre 45 sottosezioni dove i deportati venivano utilizzati come forza lavoro nelle vicine cave o nelle industrie belliche tedesche, tra cui la Siemens e la IgFarben (che produceva tra l’altro lo Zyklon B, il terribile gas usato per lo sterminio di massa).
La visita può essere effettuata con un’escursione full day o di mezza giornata, e in questo caso viene generalmente abbinata a quella del centro storico di Cracovia o alla Miniera di sale di Wieliczka. I tour guidati sono facilmente prenotabili direttamente negli alberghi o dai siti convenzionati, ed è possibile optare per guide che parlano generalmente tutte le lingue.
Ci si può arrivare in autobus dalla stazione centrale di Cracovia, in treno scendendo alla vicina stazione di Oświęcim, in taxi o in automobile, oppure appunto con un tour guidato, che al prezzo di circa 50 euro include l’ingresso ad entrambi i campi e le relative spiegazioni.
Il programma dei tour guidati (che consiglio vivamente a meno che non si abbia una profonda conoscenza sul tema) generalmente include un’accurata ed approfondita visita di Auschwitz I e Auschwitz II (situato presso la vicina Birkenau), costruito in seguito come campo di sterminio vero e proprio.
Le strutture dei campi sono state mantenute in buonissime condizioni, e il percorso include i capannoni dormitorio, le camere a gas, i forni crematori e una serie di stanze dove sono raccolti gli oggetti prelevati ai prigionieri prima di internarli o assassinarli (abiti, scarpe, valigie, pentole).
La durata è di circa quattro ore, di cui due terzi del tempo passati ad Auschwitz I e un terzo a Birkenau. Scegliendo invece il tour della giornata intera l’escursione risulta più approfondita ma forse non adatta a tutti i tipi di visitatori.
Se non si vuole trovare troppa ressa (e l’intenzione è di entrare in sintonia con lo spirito di questi luoghi rendendo la visita il più spirituale possibile), sarebbe meglio evitare i periodi di alta stagione, ad esempio tarda primavera o estate.
N.B. Per tutto il 2021 ci potrebbero essere restrizioni agli accessi, ed il flusso dei visitatori rischia di venire limitato a causa del distanziamento imposto dalla pandemia Coronavirus Covid-19
Auschwitz I
Viene costruito nel 1940 per rinchiudere i prigionieri politici polacchi che affollano le carceri, ma dopo poco tempo ad essi fanno seguito anche membri della resistenza e intellettuali giudicati sovversivi, omosessuali, zingari ed infine gli ebrei.
Prelevati con la forza dalle loro case, i deportati arrivavano al campo dopo un lungo ed estenuante viaggio generalmente effettuato in treno. Una volta a destinazione, quelli non ritenuti idonei per le attività lavorative assegnate venivano assassinati, mentre quelli adatti avrebbero lavorato fino alla morte.
Mediamente solo il 30% di loro era dichiarato abile, mentre il restante 70% (di solito bambini, anziani o madri con figli) veniva automaticamente condannato a morte.
Arbeit macht frei
Non appena attraversata la porta di Auschwitz I, i prigionieri si trovavano di fronte alla tristemente famosa scritta “Arbeit macht frei” (Il lavoro rende liberi), la quale creava in loro la falsa illusione che, prima o poi, avrebbero potuto abbandonare liberamente quel luogo.
I dichiarati abili venivano denudati, rasati e rivestiti con una casacca da carcerato, dei pantaloni sgualciti e un paio di zoccoli. Sull’avambraccio sinistro gli veniva tatuato un numero seriale associato ad un contrassegno colorato, che ne identificava l’origine razziale o la classificazione sociale.
Il campo era diviso in vari blocchi, che includevano l’ospedale, gli uffici amministrativi della Gestapo, la cucina, la prigione, e in baracche, dove i prigionieri, divisi tra uomini e donne, erano costretti a dormire su letti a castello a tre piani e a sopravvivere in condizioni ambientali disumane.
Auschwitz II – Birkenau
Il secondo e maggiore campo di concentramento viene costruito nel 1941 nella località di Birkernau, a 3 chilometri dal campo principale, come parte della “Soluzione finale”, il piano ideato dai leader nazisti per sterminare completamente gli ebrei.
Il campo aveva una superficie di 175 ettari ed era diviso in varie sezioni delimitate da recinzioni elettrificate e filo spinato, e disponeva di cinque camere a gas e di forni crematori, ognuno con una capacità tale da contenere contemporaneamente ben 2.500 persone.
Qui i prigionieri che non potevano lavorare raggiungevano direttamente le camere a gas, mentre altri venivano utilizzati come cavie per terribili esperimenti scientifici e genetici (in particolare le donne, costrette a subire crudeli esperimenti di sterilizzazione).
A quelli inviati alle camere a gas gli si diceva che avrebbero dovuto farsi una doccia, e dopo aver lasciato i propri averi nella sala venivano rinchiusi e assassinati. I loro corpi venivano ispezionati dai Sonderkommandos, unità speciali di ebrei che collaboravano con le SS in cambio di trattamenti di favore, in modo tale da non lasciare nessun oggetto di valore come denti d’oro o orecchini, e quindi trasportati nei forni crematori per essere bruciati.
Nel campo sono conservati alcuni capannoni originari, le enormi latrine comunitarie, i resti dei forni crematori e delle camere a gas che i nazisti hanno tentato invano di distruggere prima di fuggire al sopraggiungere delle forze armate russe, il 27 gennaio del 1945.
Una fabbrica di morte
Questo è stato Auschwitz, un’efficiente fabbrica della morte gestita in modo esemplare dalle fanatiche SS, con l’aiuto di collaborazionisti ebrei e non (i Sonderkommandos, chiamati anche “corvi neri”, e i Kapò), e che ha prodotto in pochi anni oltre un milione di vittime, di cui il 90% di origine ebrea.
Un luogo dove anche i capelli dei prigionieri venivano riciclati e venduti per fabbricare tessuti per i cappotti dei tedeschi.
Proprio la visione di questi cumuli di capelli, conservati insieme gli oggetti personali, alle foto d’epoca e ai documenti di propaganda nazista sono a mio parere i momenti più raggelanti e coinvolgenti di tutta la visita al campo. Insieme naturalmente a quella delle camere a gas, dei forni, e del Blocco 11, il “blocco della morte”, nel quale i prigionieri venivano torturati e rinchiusi in celle esigue dove morivano di fame.
Schoah
La parola shoah in ebraico significa desolazione, disastro, catastrofe, e sono proprio queste sensazioni che trasudano dalle pareti di questi edifici e che corrono lungo le barriere di filo spinato.
Mi sono più volte cercato di immaginare quello che avrei provato visitando questo luogo, ma solo una volta lì ho potuto constatare davvero quanto ogni passo potesse avere un peso differente.
Bisogna tenere ben presente in testa che i campi di sterminio nazisti non sono cresciuti come dei funghi tra gli alberi delle splendide foreste del centro Europa. L’olocausto è un vero e proprio cleavage (spaccatura, scissione) storico tra un prima e un dopo europeo.
Il campo di concentramento di Auschwitz è stato liberato alla fine della seconda guerra mondiale con circa 7.000 prigionieri ancora in vita (se di vita si può parlare).
“
Mi sentivo sì innocente, ma intruppato tra i salvati, e perciò alla ricerca permanente di una giustificazione, davanti agli occhi miei e degli altri. Sopravvivevano i peggiori, cioè i più adatti; i migliori sono morti tutti.
– I SOMMERSI E I SALVATI – PRIMO LEVI
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