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Si dice che visitare Londra per la prima volta sia qualcosa che ti rimane dentro per sempre.
O almeno era quello che amici e persone più grandi mi dicevano durante la mia adolescenza dopo esserci stati in ferie o in vacanza studio, o semplicemente dopo aver trascorso il classico fine settimana un po’ fuori dall’ordinario.
Erano gli anni Novanta, e nel Regno Unito stava volgendo al termine l’era della Cool Britannia, un’epoca di celebrazione della cultura giovanile e di un rinnovato orgoglio nazionale, la quale si ispirava alla tradizione musicale e culturale pop dei favolosi anni Sessanta ed alla canzone patriottica Rule Britannia.
Era una sorta di stagione di entusiasmo e di ottimismo, successiva ai tumultuosi e ribelli anni Settanta ed ai controversi Ottanta. Il successo artistico delle Spice Girls e degli Oasis, e del genere Britpop, colonna sonora del capolavoro cinematografico Trainspotting, avevano ricreato icone britanniche di livello internazionale, ed il tutto faceva da accompagnamento musicale alla ricrescita economica del Paese.
Quei due mesi estivi erano trascorsi esplorando la città e le sue tendenze insieme all’inaspettata compagna di avventure Chantal e, a seconda dell’occasione, a chiunque si volesse unire momentaneamente alla causa.
Dalla Torre di Londra a Piccadilly Circus, dal Ministry of Sound al mercato di Covent Garden si vagava giorno e notte spensierati e pronti ad assorbire come spugne tutto quello che il panorama offriva.
E soprattutto si camminava liberi e con quella freschezza giovanile forse a volte irresponsabile e magari anche troppo elastica, dentro e fuori da quelle stazioni della metropolitana dove una volta ti ritrovavi sotto la pioggia e l’altra di potevi quasi abbronzare tanto erano distanti l’una dall’altra.
Si incontravano ancora autentici punk per le strade, ultimi baluardi di quella sottocultura estrema giovanile che, a gamba tesa e senza bussare, era entrata nelle conformiste e conservatrici dimore della media borghesia inglese, cercando di ribaltare il sistema socio politico sulle note provocatorie e violente di band anarchiche ed antisociali.
Quelle borchie e quelle creste colorate contrastavano con le giacche e le cravatte della City, simbolo della mentalità capitalistica British e dei ritmi di una città moderna, la quale basava il suo potere e la sua crescita universale sul lavoro e sul capitalismo sfrenato.
Forse è proprio così, la prima volta a Londra non si scorda mai… Quell’umanità fatta di giovani madri con passeggino, operai raggruppati a fumare durante la breve pausa, variopinti hare-krishna intenti a cantare e regalare cibo lungo le strade che conducono a Trafalgar Square, era diventata per me il simbolo di una città incredibile, multietnica ed ogni giorno differente ed unica.
Giovani provenienti da tutte le parti del mondo inondavano le strade in un costante movimento perpetuo, scambiandosi e sostituendosi tra loro nei pub e nei call center come anelli di una catena che non si sarebbe mai più interrotta.
“
Londra chiama le città lontane.
ribadiva già nel 1979 il testo della canzone London Calling della band dei The Clash. Ed ancora:
“
Uscite dall’armadio, tutti voi ragazzi e ragazze.
Da quell’armadio ci ero uscito, ed oggi mi ritrovo qui, di fronte ai cancelli di Buckingham Palace, a Westminster, e tutto mi sembra ancora come allora.
Sono passati quasi venti anni ma qui non è cambiato nulla, eccetto i volti delle guardie dal grande cappello che si danno il cambio come orologi svizzeri e sono in grado di rimanere immobili per periodi di tempo interminabili come perfetti soldatini di piombo.
Questo luogo non è solo una residenza reale, ma rappresenta per gli inglesi qualcosa di più. E’ una sorta di punto di riferimento per i sudditi britannici, e lo è stato sia nei momenti gloriosi che in quelli tristi o bui della storia del Regno Unito.
Inizialmente era semplicemente una residenza di campagna, e solo nel 1825 re Giorgio IV ha deciso di farla trasformare in un grandioso edificio. La prima monarca a viverci nel vero e proprio senso della parola è stata la mitica regina Vittoria, e da allora la presenza del padrone o della padrona di casa viene segnalata dallo sventolio dello stendardo reale color giallo e cremisi.
Lungo le strade di questa città avevo imparato come significasse camminare veloce. La “camminata alla londinese” era già uno stereotipo comune per tutti gli abitanti, dall’uomo d’affari allo studente, dal turista al semplice sfaccendato.
Ed anche su questo aspetto trovo che non sia affatto cambiata.
Perché Londra è disponibile ma molto esigente. E’ una amante affascinante, intelligente ma per molti aspetti anche un po’ complicata ed estrema, che va corteggiata e compresa fin in fondo per potersene davvero innamorare.
E’ una metropoli che da sempre ha un proprio ritmo vitale, e sempre lo avrà. E se ne vuoi far parte devi fare in modo che diventi anche il tuo.
Benvenuti tra le pagine del mio diario di viaggio!
Potranno sembrarvi un po’ vintage in alcuni casi, e sicuramente troverete cose di cui parlo che sono cambiate nel tempo.
Ma ci sono luoghi, viaggi ed esperienze che mi piace ricordare così.
Buona lettura!
Lasciate un commento, ditemi se siete già stati in questo bellissimo Paese e cosa ne pensate.
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