- Il Kopi Luwak
– Un business molto discutibile - Il Black Ivory
– Un caffè veramente esclusivo - La questione etica
Il caffè non è una bevanda come tutte le altre. Fa parte della cultura, delle abitudini e delle tradizioni di molti popoli. Può rappresentare un momento di incontro o semplicemente una ricarica per affrontare la giornata, ma raramente è lasciato al caso.
Sono sicuro che anche a te è capitato più volte di apprezzare particolarmente, o al contrario esprimere un parere negativo, su di un caffè appena bevuto. Oppure di avere una particolare marca o tipologia che ritieni migliore delle altre.
Ogni tipo di caffè ha le sue peculiarità, che derivano dalla sua provenienza territoriale e metodi di lavorazione, ma la cosa curiosa è che i caffè più pregiati al mondo, o perlomeno i più costosi, derivano dalle feci di due animali.
Si chiamano Kopi Luwak e Black Ivory, e sono tipi di caffè che vengono estratti dagli escrementi dello zibetto delle palme e dell’elefante thailandese.
Il Kopi Luwak
Viene prodotto nel Sudest Asiatico, principalmente Indonesia e Thailandia, con chicchi di bacche ingerite, parzialmente digeriti, e poi defecati da un curioso animaletto, la civetta o zibetto delle palme (detto anche rattoscimmia).
Sebbene il nome potrebbe trarre in inganno, non si tratta di un uccello ma bensì di un piccolo mammifero simile ad una mangusta. Deriva dall’indonesiano kopi, che traduce la parola caffè, e luwak, nome locale di questo animale.
I chicchi della bacca non vengono digeriti ed il passaggio nell’intestino dell’animale lo rende un caffè con un aroma particolare, con una minore percezione del gusto amaro, un retrogusto di cioccolato e ovviamente di … selvatico.
Un business molto discutibile
La cosa curiosa e altrettanto criticabile è che, pur non presentando in realtà nessuna caratteristica organolettica o beneficio, è tra i caffè più rari e costosi al mondo.
Il Kopi Luwak viene infatti venduto a circa 800 Euro al chilo, che equivale più o meno a 12 Euro a tazzina. In passato i coltivatori raccoglievano il prodotto degli zibetti nei dintorni delle piantagioni, ma negli ultimi anni la cosa ha sempre di più acquisito una facciata commerciale passando a metodi meno etici e rispettosi, e da lì sono iniziati i guai per i poveri piccoli quadrupedi.
Oggi gli zibetti vengono infatti catturati, rinchiusi in minuscole gabbie e nutriti a forza esclusivamente con chicchi di caffè, che in realtà costituiscono solo una parte minima della loro dieta onnivora.
In questo modo vengono quindi tenuti in cattività in condizioni disumane e privati della libertà, tanto da provocare in loro malattie, e spesso depressione o comportamenti nevrotici.
Di solito vengono letteralmente sfruttati per circa tre anni dopodiché vengono liberati, ma le loro condizioni sono spesso talmente compromesse da provocarne la morte dopo il rilascio.
Ultimamente sono partite molte campagne di sensibilizzazione sul tema, dal momento che i metodi utilizzati stanno determinando un tasso di mortalità altissimo tra gli zibetti, e per alcune specie c’è un reale rischio di estinzione. Oltretutto (e questo a mio avviso rende il tutto ancora più assurdo), si sta assistendo ad un abbassamento della qualità del caffè stesso.
Uno zibetto in gabbia ©Foto di Naveen Sharma
Il Black Ivory
Caffè prodotto dalla Black Ivory Coffee Company Ltd nel nord della Thailandia, ottenuto da semi di coffea arabica ingeriti dagli elefanti e recuperati poi dalle loro feci.
Questi semi, provenienti da coltivazioni situate a 1500 metri d’altitudine, vengono portate a Ban Taklang, dove i custodi di elefanti le mescolano nel loro cibo (riso, banana e tamarindo). Gli enzimi dell’apparato digestivo dei grossi quadrupedi decompongono parte delle proteine del caffè, rendendolo così meno amaro. La digestione dura tra le 12 e le 70 ore, e l’aroma del prodotto finale viene influenzata da altre componenti naturali presenti nello stomaco.
Un caffè veramente esclusivo
Il Black Ivory ha una produzione limitata, che lo rende disponibile solo su prenotazione o presso pochi e selezionati alberghi a cinque stelle alle Maldive o in Thailandia, dove una tazzina può arrivare a costare anche 50 dollari.
La produzione è infatti vincolata dalla disponibilità di bacche, e sono necessari circa 33 chili di semi per produrre un chilo di prodotto finito. La cosa buona è che si differenzia notevolmente da quella del Kopi Luwak, in quanto in questo caso i diritti degli animali vengono tutelati.
Il caffè viene infatti prodotto nella Golden Triangle Asian Elephant Foundation, un rifugio per elefanti situato nel distretto Chiang Saen, nel nord della Thailandia. Una sorta di Onlus dedita alla cura e alla salvaguardia degli elefanti, e alla quale viene devoluto l’8% dei ricavi.
Un elefante e la sua piccola padroncina ©Foto di Sasin Tipchai
La questione etica
In conclusione, è chiaro che la considerazione finale potrebbe essere quella di aver voglia di bere un caffè, apparentemente “speciale”, prodotto in questo modo.
Ma la questione di fondo non è questa. Ritengo infatti, per quanto riguarda il Kopi Luwak, che la scelta consapevole sia quella di evitare di berlo per via dell’orrore che sta dietro alla sua produzione.
E tu, hai mai bevuto una tazza di Kopi Luwak o di Black Ivory? Cosa ne pensi?
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