- Mai sottovalutare i presagi
– Il pulmino viola - Ore 09:15, partenza per la spiaggia
- Ore 10:30, rotta verso l’ignoto
– Sul ponte sventola bandiera bianca - Un lungo pomeriggio africano
Cosa può spingere un gruppo di persone ad intraprendere un’escursione nel cuore del Madagascar ai limiti della razionalità e del buon senso? E soprattutto cosa può indurli a fargli prendere all’unisono le stesse, folli decisioni?
Può il sole africano essere in grado di offuscare contemporaneamente il cervello di tante persone?
E’ quello che io e i colleghi con i quali ho avuto la fortuna di condividere questa disavventura ci siamo sempre chiesti.
Mai sottovalutare i presagi
Quella mattina tutto faceva pensare a quelle classiche giornate in cui può risultare audace anche solo alzarsi dal letto.
Un caldo atroce infuocava già dalle prime ore dell’alba la baia di Diego Suarez. Ciò nonostante il gioioso benvenuto di fanciulle locali danzanti al suono di tamburi tribali era stato in grado di distogliere l’attenzione di tutti da alcuni piccoli segni premonitori.
Dettagli quasi irrilevanti, il manifestarsi dei quali però avrebbe dovuto far capire a tutti che la sfortuna quel giorno non ci avrebbe abbandonato neanche un minuto.
In attesa dell’arrivo delle jeep che ci avrebbero condotto al luogo prescelto per l’escursione, una delle partecipanti decide infatti di sfoggiare le sue doti di danzatrice del ventre imitando le ballerine autoctone. Una piroetta di troppo però le risulta fatale, e la sua caviglia fa crack.
Il pulmino viola
Hai mai visto un pulmino color viola?
Ebbene, il sopraggiungere di questo funesto e quanto mai indesiderato mezzo di trasporto (scelto all’ultimo per sostituire una delle jeep in ritardo) permette ad alcuni di notare un secondo e preoccupante presagio. Nel conteggio finale dei partecipanti e nella scelta dei gruppi per i vari mezzi ci si rende conto che, dopo la dipartita della sfortunata improvvisata ballerina, il gruppo dei partecipanti è sceso, guarda caso, a tredici.
Il pulmino viola in attesa di caricare i poveri malcapitati
Ore 09:15, partenza per la spiaggia
La carovana di jeep parte gioiosamente verso una baia poco distante tra canti, cori e grasse risate.
Una volta a destinazione però il bollettino di guerra di quel breve ma quanto mai estenuante viaggio lungo strade sconnesse e piene di buche prevede già quattro partecipanti con il mal di schiena.
Ciò nonostante, sebbene le imbarcazioni locali a disposizione non ispirino assolutamente nessuna fiducia, la bellezza ammaliatrice dell’acqua del mare annienta in breve tempo qualsiasi dubbio e ripensamento.
Due membri del gruppo elettisi sul campo a leader incontrastati ingaggiano una trattativa con la responsabile tour della spiaggia, un’anziana e sdentata signora della quale sarebbe stato meglio non fidarsi per nessuna ragione al mondo.
Sarà stata l’aria, sarà stato il mare, sarà stata la sabbia, tanto fa la vecchietta da riuscire a convincere i due capigruppo che per la modica cifra di 15 Euro a testa ci avrebbe messo a disposizione per una gita alla Baia degli smeraldi la “migliore” delle barche in legno a motore della sua flotta con relativo pilota (un ragazzino di circa 14 anni) ed accessoriata dei seguenti optional: uno spuntino composto da quattro manghi, sei pomodori, due cocomeri e qualche lattina. E naturalmente una quanto mai “indispensabile” massaggiatrice esperta in treccine e tatuaggi all’henne.
La baia di Antsiranana, conosciuta anche come Diego Suarez
Ore 10:30, rotta verso l’ignoto
Una volta che tutti i partecipanti sono a bordo della barca un vecchio motore viene assicurato alla poppa con una corda, e a quel punto tutto sembra essere pronto per la partenza.
L’imbarcazione si inoltra veloce verso il mare per parecchi minuti, ma un sospetto rumore proveniente da quell’instabile motore legato con la corda e rattoppato con lo scotch si trasforma presto in una triste realtà.
Proprio in pieno oceano infatti scoppia la candela, e la barca inizia a vagare in balia delle onde. E non solo di quelle, considerando la presenza certificata di squali nell’area.
Dopo trenta minuti di suspense il giovane capitano riesce a riparare il guasto, e nell’euforia generale l’escursione riprende.
La barca continua quindi ad allontanarsi sempre di più dalla riva verso la mitica Baia degli smeraldi.
Giunti in un’area dal fondale poco profondo il mezzo decide però di incagliarsi tra lo smarrimento dei naviganti e lo stupore del comandante, convinto che il quel punto il fondale sarebbe dovuto essere più alto e quindi navigabile. Gli uomini del gruppo decidono di buttarsi in acqua per spingere la barca al di fuori della secca, mentre le donne rimangono a bordo, sempre più vittime di allucinazioni e miraggi provocati dai caldissimi raggi del sole cocente.
Ma il problema del fondale diventa subito marginale, dato che il capitano si rende conto che quel motore rattoppato non sarebbe mai più ripartito. Per intrattenere il tempo, e sperare in un sorprendente e quanto mai magnanimo segno del destino, il gruppo decide di consumare il copioso pasto offerto dall’agenzia della vecchietta sdentata.
Navigando verso la Baia degli smeraldi
Sul ponte sventola bandiera bianca
La situazione ai limiti della sopravvivenza porta uno dei partecipanti a creare una bandiera rudimentale legando ad uno dei remi un asciugamano bianco. Uno strumento primitivo ma quanto mai efficace, che permette l’avvistamento della sfortunata bagnarola da parte di una seconda imbarcazione locale dotata di vela di passaggio nelle vicinanze.
Questa inizia ad accostare lentamente, mentre la bandiera bianca sventola ancora al cielo, simbolo ormai della resa dei partecipanti verso il crudele destino. I salvatori, due ragazzi locali, vengono accolti come eroi con festosi canti e grida di giubilo. L’odore della salvezza riesce finalmente a ravvivare nuovamente l’atmosfera, tranquillizzando gli animi resi tesi dal susseguirsi dei catastrofici eventi.
La bandiera bianca inizia a sventolare a poppa
In breve tempo ciabatte, borse e maschere vengono passate di mano in mano da un’imbarcazione e l’altra, e l’istinto omicida di qualcuno di affogare il comandante finalmente si placa.
Anche la massaggiatrice estetista (le cui prestazioni erano state sistematicamente rifiutate fin dalla partenza), che fino a quel momento era stata zitta godendosi sorniona la scena, finalmente decide di parlare rivolgendosi ai due salvatori in qualche oscuro ed incomprensibile dialetto creolo.
A bordo della nuova imbarcazione il gruppo decide all’unanimità di non mollare lo scopo della gita, non valutando che le ore più calde della giornata devono ancora arrivare.
La destinazione viene pertanto confermata, la Baia degli smeraldi attende!
Ma a quel punto anche il vento decide di smettere di soffiare. E anche la seconda barca, naturalmente priva di motore, si blocca il mezzo al mare.
La speranza veleggia all’orizzonte
Un lungo pomeriggio africano
E’ difficile calcolare il trascorrere del tempo quando ci si trova dispersi in mezzo al mare sotto il sole africano di mezzogiorno. E’ difficile poter valutare ogni possibile soluzione di salvezza quando sei circondato da una vastità di acqua bellissima e splendente ma della quale non puoi bere neanche una goccia. E soprattutto è difficile cercare di comprendere perché gli abitanti del luogo non rispondano a nessuna delle tue domande pur avendo compreso lingue come l’inglese o il francese fino a pochi minuti prima.
Solo l’arrivo di una terza imbarcazione, questa volta dotata di motore e robusti remi, pone finalmente fine a quel viaggio della speranza, e dopo un secondo trasloco di persone e relativi effetti personali viene presa la direzione verso la terraferma. Trenta lunghi minuti di navigazione e riusciamo finalmente ad avvistare la tanto agognata spiaggia di partenza, il luogo simbolo della fine delle nostre sventure.
Ricordo ancora il momento dell’arrivo a terra.
C’è chi ha baciato la sabbia, chi ha acceso una candela in una bancarella lì vicino, chi ha scattato la più classica delle foto ricordo e chi ha mandato a quel paese tutto il Madagascar.
E chi invece si è divorato un paio di aragoste nel ristorantino sul lungomare composto da pareti di lamiera e cartone, nel tentativo di sfidare ancora, per l’ultima volta, la malefica sorte.
I sopravvissuti a fine giornata
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